di Antonio Simonetti

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Howling Wolf -Canis lupus-, captive, North Hesse, Hesse, Germany

Howling Wolf -Canis lupus-, captive, North Hesse, Hesse, Germany

Il rapporto uomo-lupi dura tutta una vita, non di meno tra i lupi stessi. Rinsaldano il loro vincolo di appartenenza al branco. In cima c’è l’animale Alpha, nel gradino più basso l’Omega.
D’accordo, è un feroce predatore. Ma è ora di raccontarne anche i lati positivi. Come hanno fatto due autori americani in un libro appassionante.

Non è facile stare dalla parte dei lupi. Più facile temerli e perfino odiarli. Uccidono la selvaggina, fanno stragi di greggi e attaccano i vitelli al pascolo; si celano nei boschi o nel buio della notte; con un olfatto finissimo, che si è evoluto in millenni di caccia, fiutano le prede e le seguono nascosti nell’ombra per sbucare all’improvviso, in branco, e colpire, coordinando alla perfezione le competenze e le forze individuali.
In campo aperto percepiscono suoni a più di 15 km di distanza; nella neve alta sono imbattibili: mentre cervi e altri ungulati fuggono goffamente affondando con i loro zoccoli, i lupi fendono la neve con il torace stretto e si muovono veloci sulle zampe dotate di cuscinetti dilatati a formare una più ampia base di appoggio.

La fame li accompagna sempre, anche nelle notti più fredde, quando soffia il vento gelido del nord e la neve cade incessante. Il chiarore dell’alba li coglie così, accovacciati a distanza, senza sfiorarsi, e non vicini per ripararsi dal freddo. Si alzano per primi i gregari che vanno a ossequiare i capibranco sprofondando il muso sotto il loro; quando tutti sono svegli si salutano a turno mugolando. E la caccia ricomincia.
Questi sono i lupi. La loro immagine di creature selvagge portatrici di morte e distruzione ha attraversato la storia della civiltà. Tanto che ancora oggi studiosi, appassionati e fotografi provano a ribaltarla, esibendo prove di ogni sorta sull’esistenza di un’altra immagine del lupo, altrettanto vera.

Come nel libro Vivere con i lupi (Corbaccio), una raccolta fotografica commentata sulla vita di questi predatori. Gli autori, due documentaristi americani, Jim e Jamie Dutcher, marito e moglie, nel 1990 hanno deciso di riprendere i lupi da vicino, fotografarli e osservarli. Hanno recintato ettari di prati e boschi nei Monti Sawtooth, nell’Idaho, e in sei anni hanno creato un’atmosfera di familiarità con un branco di lupi, alla fine a loro agio in presenza degli uomini.
Una situazione in qualche modo artificiale, visto che non si può dire che quei lupi vivessero allo stato selvatico, ma che ha permesso ai Dutcher di offrirne un’immagine nascosta: un animale giocherellone, devoto alla famiglia, capace di provare empatia, affetto e perfino compassione.

C’era stato un tempo in cui il lupo era perfino adorato, come nella cultura romana. Poi, nel Medioevo, quando Papa Innocenzo IV autorizzò la persecuzione dei riti pagani, iniziò a dominare l’immagine del lupo come creatura malvagia; tra il 1500 e il 1600 molte persone finirono al rogo con l’accusa di essere lupi mannari.
Oggi, proprio quando leggende e false credenze sono solo un ricordo, per i lupi corrono i tempi peggiori della loro storia: nella Lista rossa, l’elenco delle specie a rischio di estinzione, secondo la World conservation union, il lupo figura come «vulnerabile». In Italia, secondo l’ultimo dossier 2006 di Legambiente sui grandi predatori delle montagne, sono rimasti da 400 a 500 lupi, nella dorsale appenninica e nelle Alpi Marittime.

Un branco tipico di lupi comprende una coppia riproduttiva, la sua prole e alcuni esemplari della figliata precedente. I giovani si spostano in cerca di cibo o femmine, colonizzando altri territori. A impedire che la popolazione di lupi si espanda a tutto l’arco alpino vi è un ostacolo non da poco, come spiega Damiano Di Simine, responsabile per le Alpi di Legambiente: «Quando i lupi giungono in Lombardia e attraversano il confine svizzero, vengono sistematicamente abbattuti.
L’ultima volta è stato il 21 novembre ad Arcojeux, nel cantone Vallese (dove a settembre erano state
sgozzate una trentina di pecore), a opera del personale del servizio cantonale della fauna».
Francia, Svizzera, Austria e Italia hanno politiche diverse nei confronti del lupo: «In Italia è protetto dal 1971 e la caccia vietata dal 1976. Le leggi regionali prevedono l’indennizzo per i danni al bestiame e qualche regione contribuisce fino al 50 per cento per l’acquisto di cani da pastore che difendono le greggi.
Anche in Svizzera la specie è protetta, ma è permesso l’abbattimento di lupi che hanno ucciso almeno 25
pecore in un mese o 35 in quattro mesi. I danni agli allevatori sono rimborsati e sono previsti incentivi economici per la prevenzione. In Francia la situazione è simile: sono protetti ma è autorizzata la soppressione, ogni tanto, di esemplari considerati pericolosi».

Queste differenze legislative pongono un problema all’Italia, che è riuscita a fatica a ottenere un incremento della popolazione. «In agosto, Svizzera, Francia e Italia hanno firmato un accordo per favorire la ricolonizzazione delle Alpi da parte dei lupi. Ma spesso quelli italiani che sconfinano sono uccisi.
«All’appuntamento biennale dei ministri firmatari della Convenzione delle Alpi il dibattito, previsto su altri temi, è stato allargato a questo problema» dice Di Simine. Per ora, nessuna buona nuova. Il bracconaggio uccide i lupi con bocconi avvelenati, trappole e armi. Pagano spesso colpe non loro, come le aggressioni al bestiame di cani randagi.

I lupi sono odiati: i cacciatori non sopportano dover competere con loro nella caccia agli ungulati; gli allevatori temono perdite nel bestiame; l’impatto emotivo della specie sulle popolazioni locali è negativo. Ma stare dalla parte dei lupi non è impossibile. Gli argomenti non mancano. Innanzitutto i benefici ecologici, come l’aumento della biodiversità locale.
«Se i lupi sono presenti nel territorio, viene ripristinato l’equilibrio nelle comunità delle prede» dice Alberto Meriggi, docente al dipartimento di biologia animale dell’Università di Pavia. «I lupi cacciano dove la densità delle prede è aumentata, e ciò impedisce che si creino squilibri negativi per l’ecosistema».

Il libro Vivere con i lupi racconta che da quando è stato introdotto il lupo nel parco di Yellowstone si sono registrati cambiamenti importanti: siccome i lupi predano i cervi wapiti, questi non si fermano più sulle rive dei fiumi dove sono esposti al rischio; quindi pioppi, salici e altri alberi sono tornati a prosperare. La loro ombra ha raffreddato l’acqua favorendo il ritorno delle trote che apportano proteine alla dieta degli orsi.
«La mancanza del lupo è particolarmente sentita in tutte le zone in cui le popolazioni di ungulati selvatici sono così aumentate da provocare danni all’agricoltura e alla zootecnia» spiega uno dei massimi esperti di lupi, Luigi Boitani, del dipartimento di biologia animale alla Sapienza di Roma.

I lupi dormono isolati gli uni dagli altri. L’inizio di una nevicata può scatenare una festosa gazzarra. Il gioco è una componente cruciale: è lo strumento principale per acquisire competenze e far fronte alle aggressioni «La presenza del lupo sarebbe auspicabile in molti parchi alpini, ma l’espansione è difficile. Per fare un esempio, i tre lupi con radiocollare in provincia di Cuneo, che erano oggetto delle nostre ricerche, sono stati subito uccisi». La crescita del turismo nelle zone in cui è presente il lupo è documentata: «Questa specie ha una forte capacità di attrazione nei confronti del turismo ecologico e mantiene vive le culture locali e le tradizioni legate ai predatori» aggiunge Boitani.
Storie di lupi che stridono con l’immagine dominante non mancano. Una volta un coguaro varcò il recinto
che i Dutcher avevano costruito, e uccise un lupo. Nelle sei settimane successive il branco non giocò più, e quando gli animali passavano nel pioppeto in cui il loro compagno era stato ucciso abbassavano la testa e la coda.

Non mancano storie di collaborazioni, di cura dell’altro, di empatia, fiducia reciproca. Come sono evidenti le manifestazioni di dolore quando muore un lupo, allo stesso modo lo sono le espressioni di gioia quando nascono i cuccioli. Il lupo ha una vita interiore ricca. L’attaccamento al branco è così forte che non esistono lupi solitari, solo lupi dispersi che cercano un nuovo branco.
Vediamo tutto ciò nei nostri cani: contrariamente a quanto scriveva Konrad Lorenz in E l’uomo incontrò il cane, gli unici antenati dei cani sono proprio i lupi: «Lorenz pensava che alcune razze discendono dal lupo, altre dallo sciacallo. Ma prove di tipo genetico e morfologico dimostrano l’esclusiva discendenza lupina».

L’avvenire del lupo oggi è in mano a chi ha occhi, orecchi e cuore per questo animale. O a chi è convinto, semplicemente, che in quanto essere vivente ha diritto di esistere.