Alessandra Martino è una poetessa che vive di emozioni, sensazioni, ricordi. In viaggio per le strade del Messico celeste le raccoglie in un diario intimo, in cui i tumulti del cuore, l’amore per la natura, il soffermarsi su tutto quello che la vita può offrire, il viaggio verso la scoperta, l’ignoto e la fuga dal sistema trovano senso compiuto e poetica completezza.
Abbiamo chiesto all’autrice di raccontarci i suoi pensieri, il suo modo di vedere le cose, la sua voglia di libertà e di amore, per capire se il suo viaggio sta continuando verso un futuro dalle mille tonalità dell’arcobaleno.

Roma, il Messico, il Guatemala, ancora Roma… queste le tappe del viaggio descritto nella tua opera. Quale è il rapporto con ognuna di queste realtà diametralmente opposte?
Messico e Guatemala rappresentano il momento più libero e più selvaggio della mia esistenza. Roma è il ritorno a casa, alla metropoli, alle responsabilità, ai piani già decisi da portare a termine ma anche l’attesa per il nuovo viaggio. Questa città millenaria porta in seno il ricordo che si fonde con l’emozione nuova: in fondo ogni momento, ogni luogo, anche quello conosciuto, può essere una continua scoperta; dipende da come si guarda, da quanto si apre il cuore, da quanta “follia” c’è in noi, prima ancora che dal luogo. Ed infine la Sicilia, dove sono giunta arrendendomi di nuovo alla mia parte meno razionale, rispondendo alla nuova chiamata alla libertà profonda, naturale e selvaggia..

Nella prefazione dell’opera affermi che: “il tempo è beffardo”.
Come ti poni davanti al suo scorrere? Sei una persona che si volta indietro a vagheggiare i ricordi perduti o il tuo sguardo è rivolto verso il futuro?

Il mio sguardo è rivolto al presente, a quell’inarrestabile momento attuale che si rinnova sempre: intriso dei suoi colori, delle note del passato, dei sogni e delle speranze del futuro. Il tempo è come un bambino capriccioso che beffardamente cambia le carte in tavola di continuo e ti induce a giocare fino alla fine del gioco.

Nelle tue poesie è presente una traccia di sacralità preponderante.
Qual è il tuo rapporto con la religione, intesa nella sua accezione più vasta?

Così come per i Sioux, la mia spiritualità non riguarda una religione ma un modo per essere in relazione con l’Universo. Il Cielo, il Sole, la Luna e Madre Terra rivelano, ogni giorno, il loro carattere sacrale.
Un cerchio di persone che appoggiano le proprie mani su quelle dei vicini mentre il Fuoco sacro al centro arde; poi le congiungono tendendole al Cielo; infine si piegano fino a toccare la Terra in segno di ringraziamento: questa è per me la massima espressione di “religiosità”.

Oltre ad essere una scrittrice, sei anche attrice.
Come riesci a far convivere la sincerità autobiografica delle tue poesie con la recitazione che si basa su una “falsificazione” dei sentimenti?

Per me la recitazione non si basa su una falsificazione dei sentimenti.
In ognuno di noi c’è tutto: allegria, rabbia, tristezza, desiderio, felicità, infelicità. Quando reciti, a seconda dell’esigenza scenica, devi andare a pescare dentro di te per tirare fuori uno o più aspetti della tua essenza.
Recitare e scrivere non sono altro che due forme diverse di denudarsi ed incontrarsi con chi accetta l’incontro.

Affermi che la tua è una lotta per non essere “schiacciata dal sistema”?
Pur essendo lontana dall’essere Buddha, ogni giorno metto in dubbio le istruzioni dettate dal Sistema, molte rifiutandole del tutto. Sono io l’artista; sono io che sperimentando, meravigliandomi ed inciampando creo la mia opera d’arte, che è la mia stessa Vita.
Invito tutti a guardare oltre. ad abbandonarsi, con coraggio, alla propria profonda voglia di scoperta e a seguire la propria strada. e chissà, potrebbe capitare anche a voi di ritrovarvi tra “i guerrieri dell’Arcobaleno” ballando fino all’alba, in mezzo alla Natura inesplorata; uscendo, così, dall’individualismo materialista del Sistema e risvegliando, almeno per un attimo, la propria essenza selvaggia, che questa società capitalista ha massacrato per sostituire le nostre priorità di esseri umani con sogni di comodità futili e vacue, che non hanno niente a che vedere con la Bellezza, l’Umanità, la Sacralità.

Cesare Paris di Bibliotheka Edizioni