di Giuseppe De Pietro

Emozioni, amicizie e sane relazioni «Perché se una bambina picchia è un “maschiaccio”? E se un bambino piange è una “femminuccia”? Perché le ragazze possono camminare mano nella mano e i ragazzi no? Perché se mamma non lavora è normale ma se non lavora papà è una vergogna? Sono solo alcuni dei perché a cui cerca di rispondere la proposta di legge sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole di cui sono prima firmataria. In tutt’Italia ormai esistono progetti scolastici autonomi di formazione che forniscono a ragazzi e ragazze gli strumenti necessari per sradicare pregiudizi e svelare stereotipi maschili e femminili. E’ arrivato il momento di trasformarli in un virtuoso modello nazionale.

Seconodo me, esistono due tipi di violenza: proattiva ovvero genetica. e reattiva, cioè indotta dall’ambiente, vale a dire che cattivi si nasce. Troppo lungo e doloroso è l’elenco delle ragazze e dei ragazzi suicidi perché insultati, derisi, tormentati, emarginati per la loro diversità, il loro aspetto fisico, la presunta omosessualità. Non è la prima volta che una ragazzina di 14 anni che si è gettata dal balcone. Pare che fosse perseguitata dai cyberbulli, temeva di essere brutta. Sempre nella rete aveva trovato i suoi aguzzini un’altra ragazza veneta, insultata ferocemente dopo essere stata lasciata dal fidanzatino. E prima di lei un’altra coetanea, umiliata dai suoi coetanei,  si era lanciata dal balcone.  E poi i ragazzi, altri casi a Roma, negli ultimi anni, quattro casi drammatici di studenti suicidi per colpa dell’omofobia dilagante.
Non basta invocare la prevenzione, tanto contro la violenza sulle donne quanto contro il bullismo e l’omofobia: la prevenzione bisogna costruirla, insegnando a ragazze e ragazzi un’altra educazione civica, aiutandoli a conoscere, comprendere e affrontare le proprie emozioni. Saper parlare dei propri sentimenti migliora anche le capacità di comunicare e l’apprendimento cognitivo; vi è una proposta di legge che prevede un’ora dedicata all’educazione sentimentale nelle medie inferiori e superiori, ridefinendo anche gli organici del personale docente.
Ma perché non introdurre l’insegnamento dalle scuole elementari, quando iniziano a prendere forma il carattere e i comportamenti sociali di bambini e bambine? Alle elementari ha fatto un’esperienza straordinaria, è tra le prime firmatarie della legge. Il target per ora sono fasce di età un po’ più alte, quando si incominciano a formare relazioni importanti, ma lascio l’elemento in sospeso. La mia idea è attivare un movimento pubblico che diventi un momento di pressione che in questi anni ha approfondito la realtà drammatica del femminicidio attraverso saggi, eventi e workshop.
Si dovrebbe discutere a livello parlamentore ma prima ancora nel Paese perché sento che c’è un’esigenza reale, fortissima. Una mia collega durante il mio recente giro nei centri anti-violenza molte operatrici hanno espresso questo bisogno. Le famiglie vanno coinvolte ma da sole non sono in grado di fornire l’educazione all’affettività. Il punto è creare un nuovo modello di cittadinanza. Alcune insegnanti sono spaventate, impaurite da questo ulteriore elemento di responsabilità, ma dalla maggior parte sono arrivate risposte entusiastiche. E in tante scuole già accade.
In un liceo di Roma dove un anno fa si è suicidato un ragazzo, Silvio perché veniva preso in giro per la sua presunta omosessualità. Questo evento drammatico ha innescato un sistema virtuoso. Non aspettiamo che si consumino queste tragedie!
Ma chi insegnerà una materia così delicata? Occorrerà intensificare nelle università i gender studies, corsi di laurea a pieno titolo, che in passato spesso sono stati i primi a “saltare”, dove tuttavia il ricorso, ha consentito di reintegrare la docente. Per chi già insegna saranno previsti corsi di formazione che partano da una base in scienze umanistiche (dall’antropologia alla psicologia) e tengano conto della specificità degli studi di genere con un master in Mediazione culturale all’Università Roma Tre dove c’era questo tipo di impostazione. E poi ci sono i laureati in Scienza della formazione… Insomma, le competenze esistono, ma sono rimaste nel cassetto!».
L’educazione sentimentale è qualcosa di più complesso dell’educazione sessuale perché l’obiettivo è smontare quella visione inflessibile dei ruoli sessuali che spesso sfocia in forme di bullismo nei confronti di chi non rientra in questo schema. La formazione, misurandosi criticamente con la sfera dei sentimenti e stimolando la capacità di riflettere sull’emotività, può indicare alle nuove generazioni le modalità per imparare a gestire i conflitti di domani, i fallimenti, i rifiuti.
Educazione sentimentale che non può prescindere da una valorizzazione del contributo delle donne nella storia e nella letteratura, mettendo in risalto le figure femminili, con testi che seguano il codice di autoregolamentazione. «Ma non basta parlare di parità, rompere gli stereotipi è possibile solo se si alimentano sentimenti di affetto, riconoscenza, condivisione».