di Giuseppe De Pietro

Difficilmente su Suntime Magazine si parla di aree cittadine, ma Roma è vanta di essere l’unica città italiana tra le più verdi al mondo. Ma non della Roma famosa nel mondo e barocca che tutti viviamo quotidianamente, al contrario, quella roma nel verde, talvolta segreta, nascosta. Ogni vicolo, ogni angolo, ogni stata, ogni catacomba, racconta un mondo che noi non conosciamo e che conoscono chi la Roma l’ha studiata a fondo. La roma dei vicoli, delle piazze sconosciute, di quelle vie che non sono portare nelle guide turistiche, ma che vivono ancora oggi di tra storia e leggenda, che talvolta distratti ci si perde nella sua piccola grande bellezza.

Roma ha bisogno di verde intorno a sé, di natura e non di cemento. Una banalità ignorata in maniera conscia da tantissime città nel mondo.
Al vaglio le città più verdi al mondo. Sono state prese in considerazione le aree naturali, ovvero riserve, boschi e foreste, così come quei polmoni verdi creati artificialmente dall’uomo, come prati, giardini, parchi e campi da golf.  A ciò si aggiungono i terreni sfruttati unicamente per la produzione alimentare, come vigneti, frutteti e in generale gli ampi appezzamenti agricoli.

Tra i primi posto spetta a Roma, con una percentuale di verde cittadino quasi al quaranta per cento. Un ottimo secondo posto invece la capitale lo conquista, alle spalle della sola Reykjavik, per le riserve naturali, per un totale di cento trenta cinque metri per abitante. Interessante sapere che i metri quadri di verde pro capite, con Roma che ne offre cento sessanta sei metri quadri, ben al di sopra di Tokyo che, con 5 metri quadrati, è il fanalino di coda.

Il verde pubblico di Roma è suddiviso in parchi e riserve naturali, aree agricole e verde urbano. I Parchi e le Riserve naturali sono di due tipologie, alcuni si estendono dalla periferia verso il centro come il Parco di Veio, l’Insugherata, la Marcigliana… e altri sono più interni come la Tenuta dei Massimi, la Valle dei Casali o il Pineto. Le aree protette che non sono interamente comprese nel territorio capitolino (Appia antica, Veio, Bracciano – Martignano, Litorale Romano) sono gestite da Enti Autonomi costituiti, mentre per i quattordici parchi il cui perimetro è interamente compreso, la gestione è nelle mani di Roma Natura. I Parchi e le Riserve naturali sono quelle aree protette dove i principali obiettivi da perseguire sono la tutela, il recupero e la difesa degli habitat e degli equilibri naturali accompagnati da una politica di integrazione tra l’uomo e l’ambiente mediante la difesa dei valori antropologici, storici e delle attività silvo-pastorali.

Il verde pubblico all’interno del tessuto urbano è invece costituito dai parchi urbani, ville storiche, parchi e giardini pubblici, aiuole e zone verdi di arredo per quasi quattromila ettari che corrispondono a una dotazione di circa 14,4 mq per abitante. Infine, le aree agricole di Roma sono talmente estese e numerose che Roma è anche definita come il più grande comune agricolo d’Europa. L’Amministrazione Capitolina gestisce direttamente due aziende agricole: la tenuta del Cavaliere e Castel di Guido per un totale di 2.300 ettari.

Roma ha un patrimonio, in termini di territorio ancora affrancato dall’urbanizzazione, che non ha pari rispetto alle altre grandi metropoli europee. I due terzi del territorio comunale costituiscono l’attuale Rete Ecologica cittadina, un sistema molto articolato e funzionale di aree naturali protette, aree verdi urbane (ville storiche, giardini, alberate stradali…), aree golenali (Tevere, Aniene, fossi affluenti) e aree agricole. Sono aree verdi libere che nel loro insieme rappresentano una superficie pari al 67% dell’intera superficie di Roma Capitale.

Tutti conosciamo il grande valore storico attribuito a questa città ed è un orgoglio per me sapere che tali bellezze archeologiche siano contornate da un patrimonio verde che non ha pari in Europa per estensione e diversificazione di ambienti naturali che conservano la presenza di oltre 1300 specie vegetali, 5200 specie d’insetti e altre 170 specie fra mammiferi, uccelli, anfibi e rettili. È proprio il caso di dire che è una Roma Verde! Nonostante i numerosi cambiamenti di uso del suolo avvenuti negli ultimi quindici anni, su un’estensione totale di 129.000 ettari ci sono circa 43.000 ettari di verde e circa 50.000 ettari di coltivazioni agricole, per un totale di 13.8 mq/abitante (nel 2004 era di 12.4 mq/abitante).

Tra le specie importanti da sottolineare vi sono: il Cipresso di Michelangelo si trova nel chiostro delle Terme di Diocleziano. La leggenda narra che Michelangelo finito di realizzare la Basilica di Santa Maria degli Angeli nel 1562, all’età di 87 anni, piantò quattro cipressi uno accanto all’altro. Nel 1888 un forte temporale ne fece cadere due; oggi ne è rimasto soltanto uno degli esemplare originale, gli altri sono stati ripiantati sul modello michelangiolesco. Dagli anni ’70 una struttura di ferro sorregge il Cipresso di Michelangelo. Altri cipressi secolari si trovano nei giardini di Villa Adriana e Ville d’Este a Tivoli.
Uno degli alberi più antichi della Capitale, è la sughera dell’ Orto Botanico che anticamente erano i giardini di Palazzo Corsini. La sughera faceva parte di un grande querceto che si estendeva nella zona del Gianicolo. Questo albero deve la sua longevità sia al tessuto spugnoso ed ignifugo che lo ha salvato dagli incendi e al fatto che dal 1883, anno in cui venne realizzo l’Orto Botanico, vive in una zona protetta. Tra gli esperti c’è chi ipotizza che possa avere intorno ai 600 anni di vita.

Accanto alla scalina del Campidoglio in prossimità della statua di Cola di Rienzo, vive la Phytolacca dioica, albero tipico della zona della pampa argentina e dove viene chiamato Ombù, l’albero della bella ombra perchè sempreverde. Poichè il suo tronco accumula tantissima acqua a guardarlo sembra somigliare ad un elefante. A portarlo a Roma dall’Argentina fu Baldassare Ladislao Odescalchi, il fondatore di Ladispoli, comune del litorale a 40 km da Roma. L’albero romano è stato più volte capitozzato, ovvero tagliato in modo radicale, ed è per questo che non è altissimo. Un altro esemplare, portato sempre da Odescalchi si trova vicino al faro del Gianicolo, fu piantato nel 1911 in occasione del 50esimo anniversario dell’Unità di Italia, altri alberi si trovano nella riserva di Palo Laziale.

Vicino alle serre del semenzaio di San Sisto, a Porta Metronia, c’è un esemplare di Ceiba speciosa, in passato nota come Chorisia dal nome di uno dei primi illustratori botanici, in Italia viene chiamato anche falso Kapok, mentre in Argentina per la sua singolare forma è stato soprannominato palo borracho ovvero albero ubriaco. I suoi frutti contengono una grossa capsula ovoidale con dentro della bambagia che viene utilizzata per imbottire i cuscini. La sua particolarità è che il suo tronco è pieno di spine molto grandi. I suoi fiori somigliano alle orchidee e vanno dal colore rosa al fucsia.

Il Monumento Naturale della Cellulosa, in zona Casalotti, è diventato tale grazie ad una legge regionale del 2006. E’ costituito da almeno dieci specie diverse di eucalipti. L’area verde negli anni ’50 era a disposizione dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta, praticamente era il luogo dove veniva sperimentata la crescita degli alberi che poi sarebbero stati utilizzati per fare la carta; in particolare su tre tipi: eucalipti, pioppi e pini americani, tutti a crescita veloce e con cellulosa di buona qualità

Il Ginko biloba di Villa Sciarra, è tra gli alberi tra i più grandi di Roma, ha un portamento cadente e da metà novembre a metà dicembre le sue foglie diventano tutte gialle creando un vero spettacolo cromatico. Fu piantato ai primi del ‘900. I suoi frutti sono a forma di ovuli ma hanno un odore nauseabondo. L’impollinazione di questi alberi può avvenire anche a 30/40 chilometri di distanza.

La sequoia del Pincio è una delle prime arrivate a Roma, fu piantata nel 1850 ed è una delle più alte di Roma. L’altezza è proprio una caratteristica di questi alberi: in un parco americano vive una sequoia di 115 metri che viene considerata l’albero più alto del mondo.