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Giuseppe Cognetta
Il giro per il mondo in moto era un mio sogno da anni, già rinviato una volta per problemi logistici e di costi (trasporto moto in aereo sugli oceani). Ho deciso quindi di programmarlo per tempo, affrontando per primo quello che per me è l’ostacolo maggiore: come trasportare la moto da un lato all’altro dei 3 oceani. L’unico mezzo per me possibile è l’aereo, perché con la nave ci metterei troppo tempo. Questo del tempo, infatti, è il primo dei paletti che mi sono posto. Un giro del mondo qualsiasi, ma alle “mie” condizioni.

Ho comperato una Ducati Multistrada 1200 S D-air nel  contachilometri segna i 129.000 km, ne conto di fare oltre 300.000 km. Questo vuol dire che ho percorso esattamente 94000 km dal giorno della mia partenza in Italia. Accompagnato da questa fedele e inarrestabile moto, comprata con i miei risparmi ad un prezzo, poco meno di 20.000 €. Sono convinto, dal mio programma di viaggio che farò moltissimi chilometri ancora. Il giro del mondo in moto.

Niente di innovativo, è vero. Internet strabocca di informazioni, foto, itinerari e spedizioni in sella a motociclette di ogni sorta. In alcuni casi mi sono perfino avvalso di questi rapporti per aiutarmi ad organizzare parte del viaggio che poi ho preferito affidare ad una sconsiderata improvvisazione, trascurando certi dettagli senza i quali la mia impresa risulta, non solo un viaggio, ma una vera e propria avventura.

Un’avventura tutta mia. In solitario, a 21 anni, su una moto stupenda la Ducati, mi lancio attraverso paesi sempre diversi e sempre più lontani da casa. Inutile dire che l’idea in sé mi piaccia più dell’intenzione di arrivare, un giorno, alla fine di tutto questo. Con l’enorme flessibilità acquisita grazie alla strada ed allo stile estremo con cui la vivo, prevedo di toccare i cinque continenti attraverso un totale di circa cento stati e 300.000 km.

Questo senza beneficiare di veicoli di supporto, di un conto bancario milionario, di sistemazioni di lusso, di apparecchiature diagnostiche e cartografiche né tanto meno di approfondite conoscenze meccaniche. Con me ho solo una moto, una tenda da 15 euro, un fornellino a gas da 8, un computer, abbigliamento, una borsa degli attrezzi per la manutenzione e tanta voglia di viaggiare.

Sono un motociclista, ma soprattutto un viaggiatore. Il mio 23simo paese fin’ora toccato è l’Australia. Dove mi trovo adesso è la moderna e turistica Brisbane, al nord di Sydney. Sto lavorando per mettere da parti i soldi con cui guidare la moto nelle Americhe. Per arrivare fin qui ho guidato lungo l’Italia, la Slovenia, la Croazia, il Montenegro, la Serbia, il Kosovo, la Macedonia, la Grecia, la Turchia, la Georgia. Traghettandomi in Russia per motivi di guerriglia al confine con l’Apkasia, ho poi raggiunto Vladivostok. Traghettato in Giappone ho guidato abusivamente fino all’estremo sud dove mi sono imbarcato per la Corea in cerca del porto di Incheon, da cui sono partito per la Cina, dove adesso mi trovo.

Partito l’8 Maggio 2016 da Roma Cassia, nota periferia romana, ho toccato le due sole città di Bologna e Venezia. Una volta superato il confine di stato a Trieste, ho pernottato ad Ankaran per poi raggiungere Lubiana il giorno seguente ed entrare in Zagabria per la notte. Lungo il magnifico mare croato sosto a Spalato, Makarska, Dubrovnik, poi a Podgoritza in Montenegro.

E mentre Aci viaggiare sicuri sconsigliava ai connazionali di recarsi in certe zone, io ero già accampato a Berane, nel bosco di un gelido e magnifico paese montano della Serbia, sognando il Kosovo. Lo ho raggiunto il giorno seguente. A Pristina per tre giorni e poi Skopje in Macedonia. Gironzolando più di un mese in Grecia ho toccato Salonicco due volte, Atene, Corinto, Patrasso e risalendo verso il confine turco, Lamia, Larissa, Alessandropoli, Peplos. Fermo ad Istanbul per due settimane in attesa della fornitura di un nuovo sponsor ufficiale, ho poi guidato al nord, lungo la costa del Mar Nero fino al confine con la Georgia.

Fermo a Tbilisi per l’ottenimento del visto russo, ho dovuto far ritorno a Batumi, per traghettarmi fino a Sochi, risparmiandomi di guidare fin dentro la Russia ed essere inevitabilmente arrestato entro i 60 km dal confine con l’Apkasia. Nel tempo record di 22 giorni, animato dal terrore di non farcela, ho coperto tutta la Russia da ovest ad est, lungo i suoi 11000 km di strade dritte. Ho guidato per più notti senza sosta, toccando percorrenze di 1000 km in un giorno, dormito per 3 ore disteso su un solo velo di nylon in piena Taiga, affrontato piogge interminabili, lottato con zanzare più grandi del quadrante del mio orologio per il dominio della mia stessa tenda, sofferto l’insonnia che dalle 3 alle 7 del mattino mi ha tenuto sveglio durante tutti i pernottamenti in siberia a causa del freddo insostenibile, ubriacato pesantemente a causa della vodka e la birra che alcuni motociclisti a Samara si sono proposti di farmi bere contemporaneamente come l’usanza russa vuole, rischiato di morire una volta e di venir trattenuto e malmenato da due gruppi distinti di russi ubriachi.

Infine, nel tratto di 2.000 km di sterrato estremo che caratterizza la parte ad Est della Russia, sono prima rimasto senza soldi a causa di un pin a 5 cifre che non è riconosciuto dai bancomat di Città e poi, finalmente, ho avuto un guasto alla moto esattamente nel punto in cui mi trovavo a 300 km da ogni altro centro abitato.

Senza viveri. Senza gas per cucinare. Senza acqua, senza soldi e senza la possibilità di prelevarne altri. Solo con un Ducati Multistrada 1200 S D-air del 2015, smontata al lato di una strada sterrata e con un intoppo che, date lo stato di apprensione dovuto all’imprevisto, mi sembrava più grave di quel che poi è risultato. Scortato fino alla prima città da due camionisti che mi hanno portato oltre il terribile percorso sterrato lungo un viaggio di tre giorni e tre notti (che ho passato dormendo sotto al rimorchio dello stesso camion dove io e la mia moto viaggiavamo), ho riparato la moto e raggiunto Vladivostok a singhiozzi.

Entrato in Giappone, uno dei paesi più cari del mondo, realizzo di avere gli ultimi 200 euro nella mia carta di credito e di avere una moto rotta. Privo del carnet de passage, mi viene richiesto di pagare una tassa d’importazione due volte maggiore della mia disponibilità di credito. Panico. Abbandono la moto al porto di Fushiki e fuggo ad Osaka in cerca di idee. La flessibilità e la voglia di non arrendermi porteranno non solo idee, ma soluzioni. Uscirò dal Giappone dopo 4 mesi, con una moto riparata, un budget ripristinato e una grinta spropositata. Quella grinta che mi fa guidare per 900 km dal nord al sud del Giappone consapevole di non avere alcun requisito per poterlo fare.

Una volta in Corea raggiungerò Seoul per l’ottenimento del visto cinese ed avrò di che pentirmi per non essermi portato due centraline elettriche di ricambio per la mia moto. Entro ufficialmente in Cina il 27 Gennaio 2006, a due giorni dalle magnifiche celebrazioni per il nuovo anno cinese. L’anno del cane.

L’ingresso senza targa e patente cinese mi obbligherà a spedire la moto via cargo container direttamente in Tailandia, per raggiungerla via terra attraverso tutta la Cina ed il Vietnam noleggiando moto e scooters. Una volta a Bangkok, riparo, rivernicio e sostituisco alcune parti della moto ed esploro tutto il sud est asiatico avventurandomi in Laos, Cabogia, Vietnam, Thailandia, Malesia, Singapore ed Indonesia. Persone e paesaggi che cambieranno il mio modo di vedere la strada e di viverla.

Consulto la mappa ormai vecchia e strappata che dopo quasi due anni in moto, mi trovo dall’altra parte del mondo.  Entro in Australia in volo, spedendo la moto via cargo da Jakarta fino a Sydney, dove la recupererò in Gennaio. Da allora lavoro come cameriere e maestro d’asilo per mettere da parte i soldi necessari al prossimo pezzo di mondo da esplorare. Le Americhe. Il tour che interessa l’Australia, la Tasmania e la Nuova Zelanda inizierà a Settembre, dopo il mio 24simo compleanno, dopodiché spedirò di nuovo la moto via cargo container e volerò in Cile per la prossima avventura. Per guidare, mangiare e dormire per tutto questo tempo ho speso 14.674,06 €, che, onestamente, è molto di più di quello che avevo messo da parte fino al giorno della partenza.

Ma la strada, le notti siberiane in tenda, la solitudine e la voglia di continuare, fanno di ogni opportunità un vero punto di svolta. Autegestione, consumi ridotti e qualche spunto brillante. Più volte, intervistato dai giornalisti greci de Elefterotipia, turchi de Hurryet e russi de Argumenti & Facti, il fattore impressionante risultava essere tutt’altro che il semplice proposito di girare il globo da solo a 21 anni. “Budget mensile calcolato: 733 euro tutto compreso”.

E mentre c’era chi diceva che mi sarei dovuto fermare all’altezza di Arezzo per un’imminente guasto alla moto, stracarica e mai testata su strada, o chi diceva che per fare quello che ho fatto fin qui avrei dovuto risparmiare migliaia d’euro, io scrivevo sulla rivista web www.suntimemagazine.com dove collaboro che “parte della soddisfazione di concedersi al viaggio, consiste nel trovare il modo di reinventarsi e concedersi alla strada per più tempo possibile.” Ridurre le proprie necessità al minimo ed optare per soluzioni che annullino le ultime spese rimaste (accettare i pasti offerti dai cittadini locali o non vergognarsi a chiedere sconti o cibo gratuito).

Grande peculiarità di questo viaggio quindi, sembra essere proprio lo stesso aspetto che per molti altri, rappresenta la causa per cui astenersi dal viaggiare. I soldi. Di immediato impatto, il mio progetto riceve così la curiosità e l’entusiasmo di aziende leader che si propongono di aiutarmi nella preparazione del progetto. Volutamente tralasciato la possibilità di un supporto economico, Cose di moto, Scottoiler, Ufo Plast, Famsa, Agv e Memov  si accostano per prime alla mia idea fornendo rispettivamente abbigliamento ed accessori moto. A livello locale poi, 4 moto officine italiane (3 di Firenze e 1 di Milano), prendono a cuore la mia richiesta di supporto e mi incontrano per chiarire i miei dubbi e predisporre la moto di accessori di grande utilità. I mille abitanti incontrati fino ad oggi o le stravaganti amicizie coltivate con lingue sempre diverse e posti sempre meno occidentali, non bastano a riassumere il concetto di questo viaggio.

Quando il nome è nato, cinque anni fa, ero un minorenne che girava l’Italia in autostop, con uno zaino, un sacco a pelo e i vestiti che puzzavano. Ma già allora la serenità che animava in me lungo quei chilometri, bastavano a darmi l’impressione di aver fatto la scelta giusta. Il seguito a quel viaggio organizzato in un mese per aver letto un romanzo di Jack Kerouack, è stato un tour italiano in sella ad una mountain bike. Sarà a Trento, seduto su una panchina all’ombra di una pineta, che annoterò sul mio diario di viaggio il pensiero che ancora oggi anima tutto il mio entusiasmo per i viaggi. “Partire per viaggiare, non per arrivare”

E anche se con il tempo e con le letture giuste ho poi scoperto che il mio pensiero non era altro che l’ennesima espressione di libertà già coniata mille altre volte da altri mille viaggiatori ben più noti di me, sorrido ancora oggi nell’aver colto a pieno questa chiave di lettura del viaggio, da solo, e non per emulazione. Se un libro aveva sconvolto la mia adolescenza motivandomi alla partenza per un tour in autostop, non posso certo negare che la spinta decisiva a compiere un tour mondiale in moto sia stata data da un evento altrettanto occasionale.

Trattasi di una film di Walter Salles: “I diari della motocicletta”. Rimasi inchiodato alla sedia che mi disponeva davanti al maxi schermo assieme a tante altre persone e sognavo. Desideravo poter estendere le mie esperienze passate a terre, popoli e strade ancor più lontane, ancora più belle e ancor più vere. E così eccomi qui, con il io progetto personale, la mia tenda da 15 euro ed il mio sacco a pelo che, come un porta fortuna, resiste ed è presente dal primo dei miei viaggi.

Il motivo per cui ho deciso di intraprendere questa avventura, mi è tutt’ora indefinito. Credo si tratti di un guizzo passionale, più che di un’intenzione razionale. Rimane il fatto che non so dare un termine per spiegare a me e a voi, il perché faccio quello che sto facendo. Sarebbe un po’ come definire quello che si prova per la donna che si ama. Ai media, che non si accontentano mai di risposte laconiche e filosofiche come la mia, ho quindi dato degli spunti che credo risultino interessanti anche a voi. Il primo di questi è la crisi di astinenza al viaggio che mi ha spinto a rimettermi in pari degli anni perduti lanciandomi in una cosa più grande di me. In secondo luogo il desiderio di mettermi in gioco e di provocare in me e negli altri una reazione che portasse consapevolezza. Il terzo è il desiderio di trasmettere tutto questo insieme di emozioni pubblicando le mie esperienze di viaggio, fra le pagine del sito ufficiale di cui sono uno dei collaboratori.

Troppe volte prima di partire, mi sono confrontato con persone che vedevano nel mio progetto qualcosa di pateticamente utopico, quasi offensivo. Un cosa che a detta loro “proprio non si può…” Mi sono così regalato un sogno, beneficiando dell’energia, della grande follia che alberga in me e che il mio gesto richiede, per mostrare alle persone che mi seguono, che niente è in fondo impossibile. Inaccessibile. Non risiede nell’aspetto chilometrico il merito di essere il più grande motociclista. Non si quantifica in quanti soldi un viaggiatore riesce a risparmiare o a quanti ne può spendere per godersi a pieno ogni cosa gli si presenti lungo il viaggiare. Non dipende dal luogo di origine, dalla destinazione prefissata e nemmeno dall’età o dal genere sessuale che contraddistinguono un viaggiatore piuttosto di un altro, mi sento invece una persona responsabile della natura.

Viaggiare è uno stile di vita. E come tale deve essere fatto a proprio beneficio, con l’approccio che più si addice al viaggiatore che gli si concede. Che si tratti di un viaggio a piedi, in autostop, in bicicletta, in moto, in auto, in autobus, nave o aereo che sia, il viaggio inizia comunque prima di salutare gli amici ed i parenti e non si ripromette di finire nell’esatto momento in cui si fa ritorno a casa, dopo chissà quanto tempo.

Quello di cui vorrei parlarvi altro non è che il mio viaggio e del modo in cui esso possa conciliarsi con le aspettative di chiunque altro. Il contenuto sarà personale, sincero, talvolta irriverente. Diretto come è il tempo quando rimarca inesorabile la sua corsa nella vita di ognuno di noi, ricordando che non ci aspetterà, mai.