di Giuseppe De Pietro

Era un sogno per me vivere questa avventura:ritornare in Colombia, come a quei tempi, negli anni settanta. Si tratta di una delle nazioni più allegre e spensierate dell’America latina. Ubicata sull’Equatore nell’estremo nord ovest dell’America meridionale, confina ad est con Venezuela e Brasile, a sud con Ecuador e Perù, a nord-ovest con Panama, mentre si affaccia a nord sul mar dei Caraibi e ad ovest sul Pacifico; la striscia di Panama ha sempre costituito il punto di transito e di collegamento tra i due subcontinenti americani.
Ritorno ora, ma in un periodo di trasformazione, che hanno susciteranno in me forti emozioni e sensazioni uguali, ma nello stesso tempo molto diverse. Allora, dovevo realizzare un reportage ai bellissimi musei, quelli Dell’Oro ed il Museo Botero che il grande pittore colombiano ha voluto regalare alla Colombia e al mondo intero. Per questo motivo a quei tempi avevo conosciuto solo Bogotà ed una visita di sfuggita a Popayan in occasione della Settimana Santa. Situata sul vasto altopiano andino, a 2600 metri di altitudine, città multiculturale e multietnica, tutta da scoprire, che riflette le straordinarie diversità del Paese. In questo viaggio ho scoperto la regione del Eje Cafetero, grande vanto del Paese, dove vivendo l’esperienza del processo del caffè, dalla raccolta alla degustazione. Nell’Eje Cafetero, per un fuggevole contatto con la capitale dove ho scoperto l’anima vera della Colombia, soggiornando in una tipica finca e visitando Salento e Valle del Cocora. Mi sono spostato a Medellin, ubicata nella valle della cordigliera andina per assistere alla Feria de las Flores. Una esperienza bellissima è quella di vivere un paio di giorni all’interno di una hacienda per la coltivazione del caffè e mi ha fa ben sperare per lo sviluppo economico e sociale di questo Paese, la cui popolazione merita di sicuro tanta fortuna.

Da lì mi sono spostato quindi a Cartagena de Indias, la città coloniale inserita dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’Umanità e, finalmente, mi sono goduto il relax nel Parque Nacional natural Islas Corales del Rosario, sull’Isla Grande, in pieno Caribe. Ho visitato la vicina Villa de Leyva una deliziosa cittadina coloniale fondata nel 1572, dichiarata monumento nazionale nel ’54 e, grazie a questo, conservata nel suo aspetto originario ed un magico trekking verso la Ciudad Perdida. Il viaggio mi ha permesso di scoprire alcuni dei suoi meravigliosi paesaggi che vanno dalla selva amazzonica alle vette andine.

Allora, negli anni settanta, nel primo viaggio che ho effettuato, era la seconda metà di marzo del 1970, avevo come scopo principale assistere alle manifestazioni correlate alla Settimana Santa e in particolare alle processioni del giovedì, venerdì e sabato prima di Pasqua a Popayan, città coloniale situata a 1.400 metri di altitudine e considerata una delle città sudamericane più importanti per le sue processioni pasquali. A Popayan arrivano tutti gli anni per assistere e “partecipare” alle processioni centinaia di migliaia di persone provenienti da tutto il Sud America (boliviani, peruviani, argentini, brasiliani) e anche da altre parti del mondo. Si può, infatti, chiedere di partecipare alle manifestazioni come figurante o come sollevatore dei pesantissimi carri ed entrare quindi pienamente nel clima di misticismo e festa religiosa che si unisce a una sorta di rito pagano. La cura delle statue e di tutti gli accessori dei carri ricorda la preparazione al carnevale, soprattutto quello brasiliano. La partecipazione della popolazione è totale e in qualche modo la città di Popayan per una settimana sembra vivere come sospesa in un’altra dimensione e atmosfera. Peraltro anche il resto del viaggio è stato continuamente ancorato alla religiosità del periodo pasquale; ovunque si andasse si trovavano confraternite, gruppi religiosi e laici alacremente all’opera per preparare le processioni e le manifestazioni della Settimana Santa e, dopo Pasqua, per aggiustare le eventuali rotture e depositare nei magazzini i carri e le statue per l’anno successivo.

La Colombia, per chi non ama solamente la natura offre molto altro, i reperti della sua storia hanno permesso di entrare a contatto con culture antiche, come nei siti affascinanti di San Agustin e Tierra dentro e, i tanti bellissimi paesi e villaggi, hanno fatto vivere l’atmosfera sognante e un po’ sonnolenta tanto evocata anche nei romanzi degli scrittori sudamericani. Una capatina alla cittadina di Mompoz, vivi quelle atmosfere indietro nel tempo. Sensazioni che sono state provate in altri paesi come Raquira, Salento e in particolare a San Basilio de Palenque si è avuta un’immersione in una Colombia “africana”. Infatti, in questo paese si sono rifugiati molti schiavi africani in cerca di libertà e gli stessi hanno costruito una comunità che continua a mantenere i costumi e le tradizioni ancestrali africane.

Poche nazioni hanno tanta varietà degli habitat naturali come la Colombia. Qui, all’equatore il sole è sempre alto, la terra giace feconda e i panorami mozzafiato si spingono in tutte le direzioni. Un viaggio unico e affascinante alla scoperta di tre splendide aree di questo paese da sogno. La costa del Pacifico nei pressi di Bahia Solano, dove la giungla incontra il mare, una costa selvaggia e ancora intatta lungo la quale è possibile ammirare le balene megattere che ogni anno, tra Luglio e Ottobre, arrivano dall’Antartide per allattare i loro piccoli. La penisola di La Guajira, la punta più settentrionale del continente sudamericano, dove il deserto incontra il Mar dei Caraibi, con i remoti villaggi di pescatori wayuu e i promontori rocciosi che incombono sulle spiagge sottostanti, con lo sfondo dei meravigliosi colori del mare e del deserto. Il Parco Nazionale Serrania de La Macarena che vanta un’elevata biodiversità frutto della confluenza di tre sistemi biogeografici: le Ande, l’Amazzonia e la regione dell’Orinoco, dove scorre il Caño Cristales, un corso d’acqua che stupisce per i vivaci colori delle alghe, con sfumature dal giallo al viola, uno spettacolo biologico unico, comunemente chiamato “arcobaleno liquido”.

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