Intervista esclusiva 

di Giuseppe De Pietro

Da mito vivente del cinema ad animalista convinta. La svolta nel 1973 quando salvò una capra sul set del suo ultimo film.“Riservo la mia saggezza e la mia esperienza agli animali”

È nata il 28 settembre 1934 a Parigi. Il padre Louis “Pilou” Bardot era un noto industriale. Ha iniziato a studiare danza classica da bambina e a 15 anni si è iscritta al Conservatorio. Nel 1952 ha sposato il regista Roger Vadim . I due hanno divorziato nel 1957. Nel 1959 ha sposato l’attore Jacques Charrier da cui ha avuto il suo unico figlio, Nicolas-Jacques. Si è risposata altre due volte: nel 1966 con il playboy tedesco Gunter Sachs e nel 1992 con il politico Bernard d’Ormale.

Ha debuttato al cinema nel 1952 con “Le Trou Normand”. In breve tempo diventa una delle attrici europee più note anche negli Stati Uniti. Negli Anni 60 ha iniziato la carriera di cantante. Ha annunciato il suo ritiro dalle scene nel 1974, poco prima del suo quarantesimo compleanno.

Brigitte Bardot racconta a Suntime Magazine la lotta animalista che è è diventata popolare, tanti si dedicano con passione a questo tema, i vegani organizzano manifestazioni, e la tutela degli animali è al centro di una preoccupazione molto diffusa.

Brigitte Bardot aveva meno di quarant’anni quando lascia il la professione di attrice per dedicarsi agli animali. Da sempre vive a Saint Tropez, appartata, in una tenuta acquistata 50 anni fa. La si riconosce perché è sempre vestita di nero, maglia e pantaloni. Chignon grigio in testa. Le rughe che segnano il viso. “Ho dato la mia giovinezza e la mia bellezza agli uomini mi ha raccontato in una delle ormai rare interviste e apparizioni in pubblico – riservo ora la mia saggezza e la mia esperienza, il meglio di me stessa, agli animali”.

Iniziò la sua crociata dopo essere stata folgorata sul set da una capra che dovette comprare pur di salvarle la vita. Brigitte Bardot ricorda le parole della proprietaria dell’animale: «Si sbrighi a girare la sua scena, perché domenica è la comunione di mio nipote e dobbiamo farla allo spiedo». Durante le riprese di “Colinot l’alzasottane”, il suo ultimo lavoro cinematografico del 1973, Bardot maturò una decisione estrema, portare la capra con sé nell’hotel a cinque stelle dove alloggiava.

Brigitte Bardot gioca, in costume e pareo, con uno dei suoi cani nel giardino della casa di Saint-Tropez. È il 28 settembre 1974, il giorno del suo quarantesimo compleanno La prima volta che Brigitte Bardot si scoprì una sensibilità e soprattutto una determinazione animalista fu durante le riprese di quello che sarebbe rimasto il suo ultimo film, Colinot l’alzasottane. «Sul set c’era una capretta e la proprietaria mi ha detto “si sbrighi a finire la sua scena, perché domenica è la comunione di mio nipote e dobbiamo farla allo spiedo”. Ho subito comprato quella creatura e l’ho portata con me, attaccata a una corda, nell’hotel a cinque stelle». Nel 1953 Brigitte aveva mostrato l’ombelico sulla spiaggia di Cannes, durante il Festival, indossando il bikini appena inventato dall’ingegnere automobilistico Louis Réard. Fu il suo primo scandalo. Vent’anni dopo, la Bardot fece scalpore facendo entrare una capra nella sua camera d’albergo. «Quel giorno ho preso la decisione di smetterla con il cinema e di aiutare gli animali. Era il giugno 1973, avevo 38 anni».

Nel 1986 istituisce la Fondazione Brigitte Bardot per il Benessere e la Protezione degli Animali che finanzia con 3 milioni di franchi raccolti vendendo all’asta i suoi gioielli ed altri beni personali!

E’ una delle più influenti attiviste dei diritti degli animali, oltre ad essere una tenace oppositrice al consumo della carne, soprattutto di cavallo.

Ritiratasi completamente dalle scene, vive appagata dall’affetto schietto e sincero dei suoi animali; maiali, capre, pecore, cavalli, pony, cinghiali, asini, oche, anatre, galline, gatti e ovviamente cani! La maggior parte di questi animali sono salvati tramite la Fondazione Brigitte Bardot, da situazioni di disagio o dal macello e pare che spesso BB trovi qualche animale legato al cancello d’ingresso, ed allora da quella grande Signora che e’ diventata… apre la tenuta ed accoglie il nuovo Arrivato!

Brigitte Bardot in quell’occasione ha cambiato vita, e all’esistenza successiva è rimasta fedele. L’impegno animalista cominciato allora è rimasto assoluto, una missione che ha preso tutto il tempo e il denaro della diva del cinema francese. Anche la Madrague, la villa a Saint-Tropez sulla quale Gunter Sachs nel 1966 aveva lanciato in elicottero centinaia di rose, è stata donata alla Fondazione Brigitte Bardot per la tutela degli animali. Nel 1977 Brigitte Bardot ha compiuto il primo viaggio per sensibilizzare il mondo alla causa animalista: sulla banchisa del Canada, nel golfo del Saint-Laurent, si è fatta fotografare accanto ai bébé foca destinati a essere massacrati con tre colpi di arpione. Dopo una lunga battaglia, la caccia agli esemplari nati da pochi giorni è stata finalmente proibita, una delle poche vittorie di Brigitte Bardot. Oggi, a 84 anni, continua la sua lotta.

L’ultima presa di posizione in questi giorni, contro la «Festa del cane» di Barjols, poco lontano dalla Mandrague: in programma esibizioni di caccia al cervo con i cani. «Abito nel Var, e il nostro dipartimento già non ha più uccelli, fagiani, lepri, tutti uccisi dai cacciatori. Ci mancava questa pagliacciata. Barjols ha altre cose da proporre che non le pratiche vergognose che ormai interessano solo a qualche scemo». BB non è cambiata, i toni sprezzanti sono sempre gli stessi. Quel che è mutato è l’atteggiamento della società nei suoi confronti. Negli anni Settanta e Ottanta le immagini dei piccoli di foca suscitavano emozione, è vero, che però durava lo spazio del servizio al telegiornale: per il resto il benessere degli animali era una causa tutto sommato marginale. Oggi l’atmosfera è diversa.

Pensa di avere vinto la battaglia delle idee? Si sente una pioniera? È fiera di quel che ha fatto finora?

«Quarantasei anni fa ho donato la mia vita agli animali. All’inizio mi ridicolizzavano. Mi sono tante volte lamentata delle ingiustizie tra gli uomini, ma per me comunque non erano niente rispetto alle ingiustizie che gli uomini fanno subire agli animali. Non mi sono arresa. Nonostante tutti gli ostacoli, ho avuto il coraggio di continuare quel che avevo cominciato. Sì, mi sento una pioniera perché sono la prima ad avere denunciato i maltrattamenti sugli animali. Ho vinto davvero solo una battaglia: quella delle foche, dopo trent’anni di attesa. Ma ho influenzato l’opinione pubblica, e questo è molto importante. Quindi sono fiera di ciò che ho ottenuto, anche se c’è ancora moltissimo da fare».

Le giovani generazioni sono molto sensibili a questo tema. La ragazzina svedese Greta Thunberg, che oltre a militare per l’ambiente è vegana e invoca la fine degli allevamenti industriali, suscita a sua volta molte critiche. Che cosa pensa BB di Greta? 

«Il mio sostegno e ringraziamento va a tutti gli attivisti, giovani o anziani. Greta Thunberg è una figura di punta, e offre un superbo esempio del rispetto che dobbiamo agli animali in tutti gli ambiti. Il disinteresse verso gli animali è la vergogna della nostra società, la prova della sua disumanità».

Secondo la visione di Cartesio, che ha plasmato a lungo l’atteggiamento della civiltà occidentale verso gli animali, essi non hanno coscienza, sono solo una sorta di «macchina animata». Ma quell’idea è messa in discussione dalle scoperte scientifiche e dagli studi etologici. Alcune associazioni come L214 non esitano a filmare quel che succede nei mattatoi per mostrare a tutti la sofferenza degli animali, e quei video stanno spostando l’opinione pubblica sulla questione posta da Jeremy Bentham: «Il punto non è: possono ragionare, possono parlare? Ma, possono soffrire?».

Che cosa pensa quindi dei discussi metodi di L214? 

«I militanti di L214 sono formidabili, coraggiosi, unici. Grazie a loro le immagini insostenibili dei mattatoi hanno disgustato l’opinione pubblica, che ignorava l’inferno patito dagli animali in queste fabbriche di agonia abietta che sono i mattatoi».

Gli anti-specisti rifiutano l’esistenza di una gerarchia tra le specie. Lei si definisce come tale? 

«Penso che all’inizio l’uomo, l’animale, le piante, gli alberi, si trovassero in una condizione di uguaglianza. Certe specie tra le quali quella umana e certi animali si sono evoluti più rapidamente degli altri ma restano legati a una catena ecologica che dà equilibrio alla nostra presenza sulla Terra. Dunque non c’è una gerarchia, per me. Ma esiste un predominio dell’umano che, in virtù della sua supremazia, si è attribuito il diritto di vita e soprattutto di morte su tutti gli esseri più deboli. Non c’è alcun predatore che possa avere ragione della demografia vertiginosa degli umani, che toglie equilibrio al sistema ecologico destinato così al crollo. Siamo troppo numerosi su questo pianeta che soffoca ed è moribondo. Gli animali hanno la saggezza di smettere di riprodursi quando sentono che la loro esistenza è minacciata».

Nel mondo dei militanti in difesa degli animali, alcuni sono «abolizionisti», ovvero auspicano la fine dell’allevamento e del consumo di carne, mentre altri sono «welfaristi», quindi accettano la natura carnivora dell’uomo ma hanno comunque a cuore il benessere degli animali prima e durante l’abbattimento. Lei come si pone?

«In futuro, se un futuro ci sarà, penso che gli uomini giudicheranno i carnivori attuali come noi giudichiamo i cannibali di un tempo. Uccidere, sgozzare in catena di montaggio milioni di animali per nutrirsi della loro carne, dello loro sofferenze, del loro sangue, del loro terrore e della loro disperazione, è una crudeltà inimmaginabile. Sono vegetariana da 40 anni e adesso ne ho 84. Sto benissimo. Spero in una chiusura definitiva dei mattatoi, un giorno. Sono stabilimenti di sterminio, di sofferenza di esseri innocenti».

«No, mangio uova, formaggio, miele e burro. Non sono vegana, sono vegetariana».

Nel luglio 2018 il presidente Emmanuel Macron e la première dame Brigitte, assieme al cane Nemo, hanno ricevuto Brigitte Bardot all’Eliseo. «So che mi sgriderà», esordì Macron. «No, perché non mi ha ancora promesso niente», rispose BB.

Nel Golfo di Lawerence concionai la caccia alle foche, com’è possibile?

Io ed altri attivisti ci siamo rivolti alle catene di ristoranti Usa. «Non comprate cibo canadese finché la strage non finirà». Perché anche quest’anno, nel Golfo di St Lawrence, la caccia continua. Gli animalisti la vediamo così: uomini con fucili e grosse mazze massacrano le foche, in particolare i piccoli nati da un paio di settimane che non sanno ancora nuotare e hanno appena iniziato a cambiare pelliccia. Il governo di Ottawa la spiega in un altro modo: tra i ghiacci al largo del Canada orientale vivono 6 milioni di foche, il triplo rispetto agli anni ’70. L’economia di quelle regioni è in crisi da quando, alla fine degli anni ’90, gli stock di merluzzo sono diminuiti, gli abbattimenti servono a risollevarla e sono regolati. Nel 2006 si potranno colpire 325 mila esemplari, ma senza farli soffrire – dicono le autorità – «con un solo colpo al cervello o una pallottola».

Ho supplicato le autorità del Canada: «Fermate il massacro». Sono stata a Ottawa negli anni ’70. mi feci fotografare sul ghiaccio assieme ai cuccioli e diede linfa a una grande campagna internazionale. Gli Usa misero al bando i prodotti di foca canadesi nel 1972. L’Europa smise di importare pelli di cucciolo nel ’83. In Canada ci fu una moratoria. Fino al termine degli anni ’90, poi la caccia riprese.

Ora sono tornata: «Prima di morire voglio vedere finire questo genocidio di animali». Ero seduta davanti a un poster dove una foca gigante prende a mazzate un bimbo appena nato e grondante sangue. Mi sono messa a piangere mentre i suoi assistenti mostravano un video con foche in agonia annegate nel loro sangue. «Il Canada è ricco, non ha bisogno di vendere pelle, olio, grasso e polvere dei peni delle foche, considerata un afrodisiaco in Asia». Al Premier Stephen Harper. Gli ha scritto: «Solo gli imbecilli non cambiano idea». Harper non ha ricevuto l’attrice. Negli anni scorsi si sono schierati con le foche il Dalai Lama e Charles Aznavour, Kim Basinger e Juliette Binoche. E all’inizio di marzo Paul McCartney e la moglie Heather Mills hanno posato con i cuccioli per persuadere il premier a incentivare l’eco-turismo come risorsa per la regione. Invano.

Un anno dopo, come vanno i rapporti con il presidente francese Macron? Le sue richieste sono state ascoltate? 

«La prego, non mi parli mai più di Macron né di altri presidenti. Sono nauseata».

Poca fiducia negli uomini di governo, ma Brigitte Bardot non rinuncia a sperare. 

«Sono fatalista. La nostra sopravvivenza è nelle mani di coloro che dirigono il mondo e ci portano verso il peggio. Ma credo anche nei miracoli, che mi faranno vincere finalmente una battaglia decisiva. Chi vivrà vedrà. Baci, baci Pino De Pietro».