di Sergio Ferroni

Abito al primo piano di un palazzo che si affaccia su un viale alberato, per niente rumoroso e senza il traffico, in quanto è una strada chiusa. Ma in questo periodo, necessariamente più silenzioso, e soprattutto adesso che è arrivata la primavera, è bello stare sul balcone e respirare un’aria decisamente meno inquinata dallo smog guardando la vita dei tanti uccelli romani di nascita o di adozione. Con l’aiuto di un piccolo binocolo, e con la fortuna di abitare vicino al cielo e ai tetti, si riescono a fare osservazioni interessanti e divertenti. Cominciamo dalle cornacchie grigie.
Clara è una donna speciale. Ogni giorno nutre le cornacchie nel Parco di Aguzzano a Roma davanti sua casa. Tutto comincia nel 2001 quando Clara, che allora aveva lasciato il lavoro, era tornata da un viaggio in auto con il marito ed il figlio.

Scesa dalla macchina le cade dalle mani una pezzo di poppo di pollo che stava mangiando. Una cornacchia accovacciata su un albero, in picchiata si precipita a dare un morso al tozzo di cibo, fermandosi poi a guardarla, attendendo di poter dare un altro morso.
Con il passare degli anni Clara ha iniziato a dar da mangiare regolarmente agli uccelli nel parco davanti a nni. Per ringraziarla, i volatili hanno preso a portarle dei piccoli regali, che Clara ha iniziato a collezionare e riporre in una scatola che è ora diventato il suo tesoro più prezioso. Da piccoli orecchini a bottoni, da spillette a biglie, una piccola lampadina, una pietra, una vita, una graffetta. Tutto è catalogato con data e giorno del regalo e gelosamente custodito anche dalle grinfie del nipotino Leonardo al quale ripete di continuo «Non toccare», per poi abbracciarlo e ridere insieme. L’oggetto a cui tiene di più è una perlina a forma di cuore: «Me l’hanno portata perché mi amano», dice Clara.
Al marito di Clara, Pino, non importa che le cornacchie praticamente consumino la maggior parte del cibo della sera che ci rimane, confeziona in una vaschetta di plastica: «Mi fa piacere che lei ami gli animali e che abbia voglia di condividere».

 

Ogni giorno riempiono di acqua fresca una vaschetta e ricoprono del cibo che resta in un piccolo contenitore, per poi chiamare a voce alta le cornacchie appollaiati sugli alberi davanti casa. Dopo qualche giorno le cornacchie hanno iniziato a ricompensare gli sforzi di Clara. Dopo aver mangiato tutto il contenuto delle vaschette posizionano un regalo al suo interno. Un giorno le lasciarono una targhetta con su scritto “migliore”: «Non so se hanno conservato loro la parte in cui è scritto “amica”» ride Clara, divertita dal pensiero di una cornacchia con un braccialetto.
Il rapporto delle cornacchie con gli esseri umani, prendendo a esempio il caso di Clara. Si è, ha scoperto che loro hanno una relazione molto forte con le persone che le nutrono: «È sicuramente una comunicazione a doppia via quella che intercorre, capiscono i segnali l’uno dell’altro». Gli uccelli comunicano attraverso il modo in cui volano, come camminano e dove siedono. Gli umani imparano il loro linguaggio e le cornacchie, allo stesso tempo, i comportamenti e la postura di chi li nutre, avvolte la seguono anche lungo il viale.
Mi sono simpatiche, soprattutto quando zampettano sulla balaustra condominiale con quell’aria un po’ tronfia e il petto in fuori. Mi ricordano alcuni personaggi delle commedie all’italiana anni Cinquanta con Totò e Peppino De Filippo. Proprio Totò indossava in teatro (e anche sulla locandina del suo primo film Fermo con le mani del 1937) un tight nero troppo largo con gilet grigio perla, una logora bombetta, un paio di pantaloni corti e larghi, calze colorate… Proprio come la coppia di cornacchie che ha costruito il nido proprio sotto davanti casa su un albero di pino: gli manca solo la bombetta!

Per il loro nido alcuni hanno scelto la cima di uno dei tigli; da sotto non si vede assolutamente niente, sono state bravissime. Anche perché non sono piccole e il nido è perciò piuttosto ampio, con una forma a coppa, posto alla biforcazione di due grossi rami.
Hanno iniziato a lavorarci a fine febbraio utilizzando dapprima rametti piuttosto lunghi (anche più del loro corpo) per “l’intelaiatura”, poi sono passate a quelli sottili e flessibili per dare la forma a coppa e, infine, hanno pensato “all’imbottitura” interna (le ho viste portare fili di lana, pezzi di spago e perfino dei pacchettini bianchi che assomigliavano a mascherine!).   Mi sono sembrate condividere il lavoro esattamente allo stesso modo, ma invece, di solito, è la femmina a dare la forma al nido…

Da qualche giorno tutto è cambiato. La femmina ha deposto le uova e non si è più allontanata dal nido. Sta covando. Il maschio appare e scompare più volte al giorno perché ha la responsabilità di nutrire se stesso e la sua compagna e anche quella di vigilare sulla sicurezza del nido. Proprio ieri l’ho visto che allontanava un gabbiano reale ben più grande di lui.
Le cornacchie grigie sono uccelli rigidamente monogami, le cui coppie rimangono insieme per anni, molto spesso anche per tutta la vita.  La femmina depone 4-5 uova di colore azzurrino maculato di bruno che vengono covate per circa tre settimane, al termine di questo periodo si schiudono mostrando “pulli” ciechi e implumi (si chiamano “pulli” proprio perché sono completamente inetti, altrimenti si chiamerebbero “pulcini” come quelli della chioccia o dell’anatra).

I piccoli vengono imboccati dalla sola femmina per i primi 17-19 giorni di vita (il maschio continua a portare cibo al nido ma la femmina, dopo la schiusa, si nutre anche autonomamente). In seguito ambedue i genitori partecipano alla cura e all’alimentazione della prole, non di rado con la collaborazione di uno o più giovani della nidiata dell’anno precedente che non hanno ancora una loro famiglia.
All’età di 4-5 settimane circa i nuovi nati fanno il primo volo ma continuano a rimanere con i genitori, seguendoli nei loro spostamenti, entrando a far parte dello stesso stormo e continuando (sempre più sporadicamente) a chiedere loro l’imbeccata.

Quando i piccoli effettuano i primi voli di prova a volte atterrano nelle vicinanze del nido. Nonostante si trovino a terra sono curati, alimentati e difesi dai genitori, che non esitano ad affrontare e attaccare uomini e animali che si avvicinano e sono ritenuti dei possibili predatori, come testimoniano le notizie e cronache giornalistiche degli scorsi anni da Roma, Torino, Milano. Il periodo in cui il piccolo rimane a terra ed è potenzialmente a rischio non dura più di una settimana. Dopo di che riesce a spiccare il volo e i genitori ritornano innocui per cani e persone.
In attesa di darvi notizie sui nuovi nati, vi lascio un altro ricordo che risale agli ultimi acquazzoni di marzo: mentre molti uccelli si rifugiavano al riparo dei tetti, un’indomita cornacchia si è fatta, proprio davanti ai miei occhi, una magnifica doccia (pioveva veramente a dirotto!), muovendo ali e coda e arruffando le penne e le piume del corpo in modo da lavarsele tutte con  visibile soddisfazione!