di Sergio Ferroni

Fu agl’inizi degli anni Sessanta che Carlos Castaneda fece scalpore quando pubblicò il primo dei suoi nove libri: The Teaching of Don Juan, A Yaqui Way of Knowledge (A Scuola dallo Stregone, Una via Yaqui alla conoscenza). In quest’ opera riportava le sue esperienze, come apprendista stregone sotto la guida di un indiano Yaqui di Sonora, nel Messico. Incontrò don Juan Matus mentre, come studente di antropologia all’ Ucla, stava raccogliendo informazioni sul peyote, un cactus allucinogeno. Dal momento della pubblicazione del suo libro, Castaneda divenne un mito. I suoi lavori presentarono una visione della “via del guerriero”: vita impeccabile, cancellazione della storia personale, uso della morte come consigliera e perdita del senso di importanza personale. A parte il suo valore pragmatico, la produzione di Castaneda ha un indiscutibile qualità letteraria. E’ piena di poesia, magia e bellezza. I suoi nove libri hanno grandemente superato la categoria dei best-seller e sono tradotti in tutte le maggiori lingue. Dopo essere stato inavvicinabile per 30 anni, Carlos Castaneda ritorna ora a parlare pubblicamente del suo insegnante indio.

Ma chi è Castaneda? Un antropologo? Uno scrittore dotato? Un apprendista stregone? O lui stesso un abile sciamano? Ora stanno nascendo nuove domande, specialmente in coloro che considerano questi insegnamenti come una guida pratica per vivere. Da ciò che sono stato in grado di vedere, l’ antropologia ortodossa, così come i presunti difensori dell’ eredità culturale pre-colombiana dell’ America, contestano la credibilità del suo lavoro. Continua a sussistere l’ opinione che il suo lavoro sia semplicemente il prodotto del suo talento letterario, pur eccezionale. Ci sono anche alcune fazioni che l’ accusano di essere contraddittorio, in quanto il suo stile di vita e le sue attività sono in contrasto con ciò che la maggioranza si aspetta da uno sciamano. Come può chiarire questi sospetti? “Il sistema cognitivo dell’ uomo occidentale ci obbliga a fare affidamento sulle idee preconcette. Basiamo i nostri giudizi su qualcosa che è sempre a priori, per esempio su ciò che è ortodosso.
Che cosa è l’ antropologia ortodossa? Quella insegnata nelle aule universitarie? Che cos’ è il comportamento di uno sciamano? Mettersi delle piume in testa e danzare per gli spiriti? Per trent’ anni, le persone hanno accusato Carlos Castaneda di creare un personaggio letterario semplicemente perché ciò che riportavo loro non si combinava con l’ antropologico a priori, le idee stabilite nelle aule o nei lavori di antropologia. Tuttavia, ciò che don Juan Matus mi presentò può applicarsi solamente ad una situazione che richiede azione totale e, sotto queste circostanze, accade pochissimo o quasi nulla di preconcetto.

 

 

 

Non sono mai stato in grado di trarre conclusioni sullo sciamanesimo perché, per fare questo, uno deve essere un membro attivo nel mondo sciamanico. Per uno scienziato sociale, per esempio un sociologo, è molto facile arrivare a conclusioni sociologiche su qualsiasi soggetto riguardante il mondo occidentale perché il sociologo è un membro attivo del mondo occidentale. Ma come può un antropologo, il quale ha passato al massimo due anni studiando altre culture, arrivare a conclusioni attendibili a loro proposito? Si ha bisogno di una vita intera per essere in grado di acquisire l’ appartenenza ad un mondo culturale.
Ho lavorato per più di trent’ anni nel mondo cognitivo degli sciamani dell’ antico Messico e, sinceramente, non credo di aver acquisito l’ appartenenza che mi permetterebbe di trarre conclusioni o nemmeno di suggerirle. Ho discusso questo con persone di differenti discipline ed essi sembrano sempre comprendere e convenire con le premesse che sto presentando. Ma poi girano le spalle, dimenticano tutto ciò su cui acconsentivano e continuano a sostenere princìpi accademici ortodossi, senza curarsi della possibilità di un assurdo errore nelle loro conclusioni. Il nostro sistema cognitivo sembra essere impenetrabile”. Perché lei vieta di farsi fotografare, di far registrare la sua voce o far conoscere i suoi dati biografici? Questo può influire, e se sì come, su ciò che lei ha conseguito nel suo lavoro spirituale? Non pensa che sarebbe utile per qualche sincero cercatore della verità conoscere realmente chi è lei, dimostrando che è effettivamente possibile seguire il percorso che lei proclama? “In riferimento alle fotografie e ai dati personali, io e gli altri tre discepoli di don Juan seguiamo le sue istruzioni. Per uno sciamano come don Juan, la principale idea dietro l’ astenersi dal fornire dati personali è molto semplice. E’ l’ imperativo di abbandonare ciò che egli definiva storia personale.

Allontanarsi dal me è qualcosa di estremamente disturbante e difficile. Ciò che gli sciamani come don Juan cercavano, è uno stato di fluidità dove il me personale non conta. Egli riteneva che un’ assenza di fotografie e dati biografici influisce su chiunque entra in questo campo d’ azione in un modo positivo, sebbene sublimale. Siamo incessantemente abituati all’ uso delle fotografie, delle registrazioni, dei dati biografici; tutto ciò scaturisce dall’ idea dell’ importanza personale. Don Juan diceva che è meglio non conoscere nulla su di uno sciamano, in questo modo, invece di incontrare una persona, uno incontra un’ idea che può essere sostenuta. L’ opposto di ciò che avviene nel mondo di tutti i giorni dove abbiamo di fronte solo persone con problemi psicologici e senza idee, tutte persone piene fino all’ orlo di me, me, me”. C’ è un gran numero di persone che, in un modo o nell’ altro, si “aggrappa” a lei in modo da acquisire pubblica notorietà. Qual è la sua opinione sulle azioni di Victor Sanchez, il quale ha interpretato e riorganizzato i suoi insegnamenti in modo da elaborare una teoria personale? E sulle asserzioni di Ken Eagle Feather che afferma di essere stato scelto da don Juan per essere il suo discepolo e che don Juan tornò indietro solo per lui? “In effetti, numerose persone si presentano come miei studenti e studenti di don Juan, persone che io non ho mai incontrato e che, posso garantire, don Juan stesso non ha mai incontrato. Don Juan Matus era esclusivamente interessato all’ insegnamento della sua conoscenza; insegnò ai suoi discepoli al fine di continuare il suo lignaggio.

 

Ebbe quattro discepoli che lo sono ancora oggi. Ci furono altri che lo lasciarono. Don Juan non era interessato ad insegnare la sua conoscenza; insegnò ai suoi discepoli al fine di continuare il suo lignaggio. A causa del fatto che non possono continuare il lignaggio di don Juan, i suoi quattro discepoli sono stati forzati a disseminare le sue idee. Il concetto di un maestro che insegna la sua conoscenza è parte del nostro sistema cognitivo, ma non è parte del sistema cognitivo degli sciamani dell’ antico Messico. Per loro, insegnare era assurdo. Trasmettere la conoscenza a coloro che avrebbero perpetuato il loro lignaggio era una questione diversa. Il fatto che ci sono numerosi individui che insistono nell’ usare il mio nome o quello di don Juan è semplicemente una facile manovra per trarne dei benefici senza troppo sforzo”. Consideriamo che il significato della parola “spiritualità” sia uno stato di coscienza nel quale gli esseri umani sono pienamente capaci di controllare le potenzialità della specie, qualcosa ottenuto trascendendo la semplice condizione animale attraverso un duro addestramento fisico, morale ed intellettuale. E’ d’ accordo con questa asserzione? Come si integra il mondo di don Juan in questo contesto? “Per don Juan Matus, uno sciamano pragmatico ed estremamente assennato, la spiritualità è una idealità vuota, una asserzione senza basi, che noi consideriamo essere molto bella in quanto rivestita di concetti letterari ed espressioni poetiche, ma che non va mai oltre questo. Gli sciamani come don Juan sono essenzialmente pratici.

Per loro esiste soltanto un universo predatorio dove intelligenza e consapevolezza sono il prodotto delle sfide della vita e della morte. Si considerava un navigatore dell’ infinito e diceva che per navigare nell’ ignoto come fa uno sciamano, si ha bisogno di illimitato pragmatismo, sconfinata sobrietà e grande coraggio. In vista di tutto ciò, don Juan credeva che la spiritualità fosse una semplice descrizione di qualcosa di impossibile da acquisire entro i modelli del mondo di tutti i giorni e non una reale via di azione”. Concentrandosi specificamente sul suo lavoro letterario, i suoi lettori si imbattono in differenti Castaneda.
Prima trovano un erudito occidentale in qualche modo incompetente, costantemente deconcertato dal potere di vecchi indiani come don Juan e don Genaro (principalmente in A scuola dallo stregone, Una Realtà Separata, Viaggio a Ixtlan e Il secondo anello di Potere). Più tardi trovano un apprendista versato nello sciamanesimo (Il Dono dell’ Aquila, Il Fuoco all’ Interno, Il Potere del Silenzio e, particolarmente, L’ Arte del Sognare). Se è d’ accordo con questa affermazione, quando e come ha cessato di essere l’ uno per diventare l’ altro? “Non mi considero uno sciamano, o un insegnante, o uno studente avanzato di sciamanesimo; non mi considero nemmeno un antropologo o uno scienziato sociale del mondo occidentale. Le mie presentazioni sono state tutte descrizioni di un fenomeno impossibile da discernere sotto le condizioni di una conoscenza lineare del mondo occidentale. Non avrei mai potuto spiegare ciò che don Juan mi stava insegnando in termini di causa ed effetto. Non c’ era modo di prevedere ciò che stava per dire o ciò che stava per accadere. In tali circostanze, il passaggio da uno stato all’ altro è soggettivo e non qualcosa di elaborato, o premeditato, o un prodotto di saggezza”.